Studio 5
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Mentre l'umanità era sotto la disciplina del male ed era incapace di comprenderne la necessità, Iddio le annunziò ripetutamente la sua risoluzione di ristaurarla e di benedirla mandandole un liberatore. Ma durante lo spazio di quaranta secoli il velo del mistero nascose la persona di quel liberatore e non fu che dopo la risurrezione di Cristo, al principio dell'età del Vangelo che quel velo fu strappato. Guardando indietro, all'epoca in cui i nostri primi genitori perdettero la vita e furono esclusi dalla felicità del Paradiso, noi vediamo Adamo ed Eva sotto la giusta pena del peccato, pensierosi e senz'altro raggio di speranza che quello contenuto nella promessa oscura che la progenie della donna triterebbe il capo del serpente. Spiegata dagli eventi susseguenti, quella parola del Signore è per noi bastantemente chiara, ma per quelli che l'udirono pei primi altro non era che un incerto bagliore. E lunghi secoli trascorsero senza che aumentasse il suo splendore. |
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Circa due mila anni più tardi, il Signore rivolse ad Abraamo la sua chiamata promettendogli che tutte le famiglie della terra sarebbero benedette nella sua progenie. Iddio non aveva adunque rinunciato ai suoi disegni d'altra volta, e stava per realizzarli! Il tempo trascorse; Canaan, il paese della promessa continua ad essere in possesso dei pagani; Abraamo e Sara invecchiano senza avere figliuoli. Il patriarca suppone esser necessario ch'egli aiuti il Signore nell'adempimento della promessa. Ecco la nascita d'Ismaele. Ma Abraamo ha preso abbaglio; conciossiacchè il figliuolo della promessa sia Isaacco che nasce al tempo prestabilito. Colui che deve governare e benedire le nazioni sembra essere venuto. Niente affatto; gli anni si succedono e nulla avviene. Isaacco e Giacobbe suo erede, muoiono come se Iddio fosse venuto memo ài suoi impegni. La fede d'un pìccol numero tiene ferma tuttavia la promessa appoggiata da Dio medesimo.
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Alla morte di Giacobbe, quando i suoi discendenti furono chiamati per la prima volta le dodici tribù d'Israele e riconosciuti da Dio come "popolo eletto" (Gen. XLIX, 28; Deut. XXVI, 5) si potè credere che l'attesa di quella nazione, — come progenie di Abraamo, — riguardante il possesso di Canaan, il regno e la benedizione del mondo si avvicinasse alla sua realizzazione; essendochè gl'Israeliti, merce il favore di cui godevano in Egitto fossero già una potente nazione. Ma ogni speranza sembrò dileguarsi e la promessa divina parve dimenticata durante il lungo periodo di schiavitù che seguì. |
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Invero le promesse del Signore erano avvolte in un velo misterioso e le sue vie sembravano incomprensibili. Nondimeno, al tempo stabilito, apparve Mosè, il grande liberatore, per mano del quale Iddio libererà gl'Israeliti dalla servitù d'Egitto, facendo prodigi in loro favore. Prima di entrare in Canaan quel grande liberatore muore, ma egli lascia quest'oracolo del Signore:
Quella dichiarazione dà un nuovo dilucidamento riguardo al piano di Dio; essa mostra che non solo la nazione nel suo insieme deve essere in qualche misura associata coll'opera futura di regnare e benedire, ma che dal seno di essa deve uscire l'eletto che li condurrà alla vittoria pel mezzo del quale si compirebbe la promessa. — E Giosuè, in seguito, il cui nome significa liberatore o salvatore, che diviene il conduttore e sotto alla sua direzione Israele trionfa e conquista infatti il paese promesso dal patto. Questa volta, per certo, tutto dà a credere che il vero conduttore è venuto, e che la promessa sta per compiersi intieramente. Ma Giosuè muore; Israele, come popolo, non cresce più fino ai regni di Davide e di Salomone. Egli raggiunse allora l'apogeo della sua potenza; ma tosto comincia il suo declino, invece di vedere la promessa compiuta, Israele perde le sue conquiste e diventa tributario delle nazioni vicine I credenti nullameno tengono ferma la promessa e aspettano il grande liberatore di cui Mosè, Giosuè, Davide e Salomone non erano che dei tipi. |
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Ai tempi in cui nacque Gesù, ognuno in Israele viveva nell'attesa del Messia, del futuro re d'Israele, e, per Israele, re del mondo. Ma attenendosi di preferenza ai tipi e alle profezie che loro parlavan della gloria, della grandezza e potenza del loro futuro re, la maggior parte degli Israeliti dimenticava altri oracoli ed altri tipi annunzianti un'opera di sofferenza e di morte, un riscatto dato pei peccatori, rendendo possibile il ritorno della benedizione. |
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Tale era il senso della Pasqua, instituita prima dell'uscita di Egitto, quello dell'oblazione di animali in occasione della conclusione del patto mosaico (Eb. I, 11-20; X, 8, 18), quello dei sacrifizi di espiazione presentati ogni anno dal sacerdozio. Così ancora non ponevan mente ai profeti che avevano anticipatamente testimoniato delle sofferenze di Cristo e della, gloria di cui dovevano essere seguite (I Piet. I, 11). In conseguenza Israele non lo riconobbe, e non conobbe punto il tempo della sua visitazione (Luca XIX, 44). I primi discepoli stessi furono dolorosamente scandalezzati dalla morte di Gesù; essi si dicevano con tristezza: "noi speravamo ch'egli fosse colui che avesse a riscattare Israele" (Luca XXIV, 21). La loro fiducia in lui aveva ceduto. Essi non avevano compreso che la morte del loro Capo, adempimento parziale del testamento della promessa, era una ratificazione del nuovo patto sotto al quale le benedizioni dovevano avvenire. Le loro speranze ripresero vita, però allorchè seppero che Gesù era uscito dalla tomba (I Piet. I, 3), e allorchè il loro Maestro fu sul punto di lasciarli, allora si fu, sulla realizzazione di ciò che essi aspettavano da sì lungo tempo — ma che era stato differito così spesso — che essi l'interrogarono:
La risposta del Salvatore prova che le loro speranze si sarebbero realizzate, sebbene dovessero restare nell'ignoranza circa il momento del loro compimento.
La domanda che si fanno i discepoli di Gesù dopo la sua ascensione deve essere la seguente: che ne è ormai del piano di Dio? a che punto stanno i suoi progetti? Gli insegnamenti del Signore riguardo al Regno erano stati dati, infatti, sotto forma di parabole e di discorsi più o meno oscuri, ed egli aveva detto: |
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Essi non potevano dunque comprendere prima di aver ricevuto il dono della Pentecoste. Anche dopo l'invio dello Spirito Santo essi non pervennero che lentamente ad una concezione piena e chiara dell'opera che stava per compiersi e della sua relazione col Patto primitivo. (Fatti XI, 9; Gal. II, 2, 12, 14). Pare che essi siano stati gli oratori di Dio anche prima di avere pienamente compreso la portata delle loro espressioni e che le loro parole ispirate andassero al di là della loro intelligenza. |
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Vedete a questo riguardo il discorso di Giacomo in Gerusalemme.
La conversione del primo dei Gentili per mezzo di Pietro, la predicazione del Vangelo ai pagani in generale per opera di Paolo, fecero comprendere a Giacomo che durante questa età i piani della Providenza riservavano ai pagani e ai Giudei credenti un ugual privilegio. Consultando in seguito le profezie, Giacomo le trovò conformi a ciò che succedeva, ed egli vi lesse che al termine del periodo del Vangelo le promesse fatte ad Israele secondo la carne, si compirebbero. Il gran mistero nascosto per tanto tempo, cominciò a poco a poco ad essere compreso da un piccolo numero, di Santi, gli "amici" particolari di Dio. Paolo dichiara (Col. I, 27) che "quel mistero occulto da secoli ed età" ma che Iddio ha rivelato ai suoi santi è |
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Qual' e' il gran mistero occulto di Dio?
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"Cristo in voi, speranza di gloria". Eccolo il gran mistero di Dio, nascosto durante le età anteriori, nascosto ancora oggigiorno a tutti, tranne ad una classe speciale: ai santi, ai credenti consacrati. Ma che cosa significano queste parole: "Cristo in voi"? Gesù è stato unto di spirito (Atti X, 38), e così lo conosciamo come il Cristo — l'unto — Cristo infatti, significa unto. L'apostolo Giovanni dice che l'unzione che noi (i credenti consacrati) abbiamo ricevuta da lui dimora in noi (I Giov. II, 27). Così i santi dell'età evangelica sono unti, unti come re e sacerdoti al cospetto di Dio (2 Cor. I, 21; I Piet. II, 9); con Gesù, il loro capo e signore, essi costituiscono l'unto di Geova, il Cristo. |
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"Il Cristo" non si
compone di un solo membro ma
di molti 1 Corinz 12:14 |
Se Giovanni dichiara che siamo unti, Paolo, d'accordo con lui, ci assicura che il mistero tenuto occulto per secoli ed età, ora rivelato ai santi, che il Cristo l’nto) "non è un sol membro ma molti", nel modo stesso che il corpo è uno e ch'egli ha molte membra, e che tutte le membra del corpo, quantunque molte, non sono che un solo corpo; cosi pure è di Cristo (I Cor. XII, 12, 28), Gesù è unto per essere il capo (letteralmente la testa) o il signore della Chiesa, che è il corpo di esso (la sua sposa secondo un'altra immagine: Ef. V, 25-30); insieme essi costituiscono la "semenza promessa", il grande Liberatore:
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L'apostolo pone la Chiesa in guardia contro ogni pensiero presuntuoso dicendo di Gesù: Iddio
Ma togliendo la sua similitudine dal corpo umano, egli mostra nulla di meno quanto è intima e gloriosa la nostra relazione col Signore. Gesù stesso non disse altrimenti in questa dichiarazione:
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La Forma della Piramide La nostra unione con Gesù, come membra di' Cristo — del gregge consacrato — vien rappresentata benissimo dall'immagine di una piramide. La parte superiore (pietra angolare) forma da sola una piramide perfetta. Altre pietre possono esservi aggiunte per disotto, e se esse continuano le linee caratteristiche della pietra del vertice, la massa iutiera formerà una piramide perfetta. Ecco ammirabilmente illustrata la nostra posizione di membri della "semenza" di Cristo. Uniti a lui, conformi a Colui che è capo, la testa, — pietre vive —noi siamo perfetti; separati da lui non siamo nulla. |
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Gesù solo perfetto, è stato sovranamente innalzato; consacrati a lui, egli ci forma e foggia alla sua somiglianza affinchè noi possiamo entrare nella struttura dell'edilizio, nella casa del Signore. In una costruzione ordinaria non vi è pietra principale d'angolo; nel nostro edificio essa vi è. E, la pietra angolare del vertice, poich'egli è detto nelle Scritture:
Noi abbiamo questa fiducia che tosto l'unione tra Gesù,*il capo, e la Chiesa ch'è il corpo d'esso sarà completa. |
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Ma perciò, o diletti! conviene che, sotto la direzione del Sommo Maestro scultore, noi cerchiamo essere tagliati e foggiati come materiali che egli adopera, conviene che per divenire conformi a quel modello, noi lasciamo il suo spirito trasformare, recidere, levigare in noi tutto ciò che gli piacerà. Guardiamoci d'inceppare i suoi piani, di opporre la nostra alla sua volontà. Siamo umili, come piccoli fanciulli — "adorni d'umiltà; perciocchè Iddio resiste ai superbi e da grazia agli umili". Umiliamoci adunque sotto la potente mano di Dio, acciocchè egli v'innalzi quaido sarà il tempo (I Pietro V, 5, 6), come egli ha innalzato il nostro precursore e Capo (Filipp. II, 8, 9). |
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Quello è veramente un messaggio meraviglioso. Quando consultiamo le Scritture riguardo al nostro grande e divino appello, udiamo i profeti gareggiare d'eloquenza per annunziarci la grazia inestimabile che ci è stata fatta; poi i tipi, le parabole e i discorsi oscuri insino ad oggi, s'illuminano e proiettano la loro luce sulla via stretta che il gregge consacrato deve seguire, correndo verso il prende; ormai visibile davanti a lui. E tale mistero a cui nessuno aveva pensato prima dell'effusione dello Spirito: che Iddio aveva decretato di mandare un Liberatore che ci unirebbe in lui, e quindi un Liberatore composto di molte membra. E, quella la vocazione celeste (la chiamata superiore), privilegio rivolto a tutti i credenti consacrati dall'èra del Vangelo. Gesù non si provò a spiegare quel punto ai suoi discepoli infino a tanto che li vide ancora allo stato di uomini inconsci; egli aspettava che la Pentecoste ne avesse fatto degli unti, degli uomini generati alla natura novella. Paolo dichiara che solo "delle creature nuove" possono ora apprezzare e comprendere quella divina chiamata. Noi "predichiamo, dice egli, in misterio la sapienza (il piano) occulta di Dio, la quale Iddio ha, innanzi i secoli determinata a nostra gloria, la quale niuno dei principi (capi) di questo secolo ha conosciuta ... ma siccome egli e scritto:
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Il Cristo (Capo e Corpo) e'
la progenie di Abramo
la quale benedira' tutte le famiglie della Terra. |
Nell'Epistola ai Galati, il medesimo apostolo svela il misterio tutto iutiero mostrando come "i compirà il patto concluso con Abraarno. Egli mostra come la legge data ad Israele non abbia annullato il patto primitivo (Gal. III, 15-18), che la progenie di Abraamo che deve benedire tutte le nazioni è Cristo Gesù (vers. 16). Poi egli dà ad intendere che il Cristo racchiude in se tutti coloro che sono unti dello spirito. |
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Perche' fu' necessario tenere il mistero occulto?
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Proseguendo il suo pensiero l'autore mostra (Gal. IV), che Abraamo fu un tipo di Geova. Sarà un tipo del patto e della promessa e Isacco un tipo del Cristo (testa o corpo); egli aggiunge in seguito: "Or noi, fratelli, nella maniera d'Isacco, siamo figliuoli della promessa" (vers. 28). Così il piano di Dio rimase velato sotto ai tipi e le figure finchè l'età del Vangelo cominciò a svolgere il Cristo. Quel segreto tenuto era necessario, altrimenti il mistero non sarebbe stato tale per tanto tempo. Il far conoscere anzi tempo le intenzioni di Dio al mondo sarebbe stato un fornirgli il mezzo di opporsi al loro adempimento. Se gli uomini avessero conosciuto intieramente il piano d'amore, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria nè la Chiesa ch'è il corpo d'esso (I Cor. II, 8). La morte di Cristo, prezzo della redenzione del mondo, non avrebbe avuto luogo, la prova della fede della Chiesa, chiamata a partecipare alle sofferenze di Cristo, non sarebbe stata fatta, perocchè "il mondo non ci conosca" (come coeredi di Cristo) per le ragioni stesse che l'impedirono di conoscere Cristo medesimo (I Giov. III, 1). |
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"Il Cristo" un Mistero Se il piano di Dio, e il Cristo in cui prese corpo, sono pel mondo un gran mistero, la vita o la marcia singolare di quel "piccolo gregge" di coloro che sono in Cristo fa di essi pure un "popolo particolare" (Tit. II, 14). Che un uomo come Gesù di Nazaret abbia consacrate le sue facoltà straordinarie, non già alla politica, al diritto, al commercio o a fondare una religione popolare, ma invece all'adempimento d'un compito vano ed insignificante agli occhi del mondo, ecco ciò che non hanno compreso i suoi contemporanei. Agli occhi loro egli perdeva inutilmente tempo e fatica, epperciò dicecevano:
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Paolo dinanzi Agrippa |
Essi non potevano maggiormente comprendere la sua vita nè afferrare la sua dottrina. Cosi pure la condotta degli Apostoli e dei loro compagni parve un enigma inesplicabile quand'essi abbandonarono il lavoro al quale erano vocati e sacrificarono i foro interessi terreni per predicare la remissione dei peccati nel nome di Gesù crocifisso e sprezzato. "Tu farnetichi; il tuo gran sapere ti mette fuor di senno!" diceva Festo all'Apostolo delle genti che aveva rinunziato ai destini più gloriosi secondo il mondo per annunziare Cristo e per procacciare, attraverso le più dure privazioni,una corona invisibile, preparata per tutti i veri discepoli. Tutti coloro che, all'esempio del grande Apostolo, seguono le orme del Maestro, sono considerati come pazzi a cagione di Cristo. |
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Il Piano di Dio non sara'
occulto per sempre. |
Ma il piano di Dio non resterà sempre un mistero nascosto. L'avvicinarsi del Millennio reca agli uomini la piena luce di Dio. La terra sarà ripiena della conoscenza del Signore (Abac. II, 14). Il sole di Giustizia che deve alzarsi, spandendo salute nei suoi raggi, dissipando le tenebre dell'ignoranza è il Cristo nella gloria del suo regno millenario, non già il capo solo, ma altresì le membra del suo corpo, dappoichè egli è scritto che
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"Iddio spandera' il Suo
spirito sopra ogni carne." Giole 2:28
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Le promesse alle quali crediamo e le speranze che ci son divenute care coll'accettare "il pensiero di Cristo" sono pura immaginazione nell'opinione di tutti salvo di quelli che sono generati ad un nuovo spirito; esse sembrano troppo improbabili per essere accettate, o per essere prese come regola di condotta. Nell'età che viene, quando Iddio "spanderà il suo spirito sopra ogni carne", come egli lo ha sparso durante l'età presente sopra i "suoi ser vitori e sulle sue serve", tutti comprenderanno allora veramente le promesse e le apprezzeranno; essi si rallegreranno dell'ubbidienza e dell'innalzamento della Chiesa. — |
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Gli uomini si rallegreranno della glorificazione della Chiesa, per mezzo della quale fiumi di benedizioni scorreranno su di essi: e mentre apprenderanno che "le maggiori e più preziose promesse" eredate dall'unto (il Cristo, testa e corpo), non sono per essi, ma che esse furono compiute in noi, essi saranno benedetti per la lezione appresa dalla Chiesa; e mentre correranno alle benedizioni che saranno loro presentate, essi profitteranno dell'esempio della Chiesa e glorificheranno Iddio a causa di essa. Ma quella conoscenza non sveglierà nel loro cuore gelosia veruna, perchè sotto al nuovo ordine di cose, la loro chiamata alla natura umana perfetta sembrerà loro più invidiabile che non una trasformazione della natura. |
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Allora il "Mistero" sarà compiuto; poichè gli uomini vedranno che era lo spirito di Dio in Cristo, e lo spirito di Cristo in noi, — Dio manifestato in carne — ch'essi avevano fin qui mal compreso o male interpretato. Allora essi vedranno che non eravam pazzi, nè insensati; ma che avevamo scelta la parte migliore, allorchè correvamo per ottenere la ricchezza, l'onore e la corona, invisibili per essi, ma però eterni. In quanto a ciò che riguarda il tempo, il mistero di Dio si compirà al suono della settima tromba (simbolica) (Apoc. X, 7). Ciò si applica al mistero nei due sensi in cni viene adoperato; il mistero o i tratti segreti del piano di Dio saranno rivelati e pienamente conosciuti allora, come pure il “Mistem di Dio", la Chiesa, che è l'essenza di quel pian. I due saranno compiuti allora. Il piano segreto, nascosto, avrà scelta la pienezza, il numero completo dei membri del corpo di Cristo; conseguentemente il Corpo di Cristo sarà compiuto; e il piano cesserà di essere un misterio perchè motivo alcuno esisterà più per la perpetuazione del suo segreto. |
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La grandezza del mistero tenuto sì a lungo segreto e nascosto sotto promesse, tipi, immagini, l'incomparabile grazia riservata per coloro che sono messi a parte, per coloro che sono chiamati all'associazione di quel mistero (Ef. III, 9) ci obbliga a riconoscere che l'opera chesuccederà al suo compimento, per il quale Geova ha conservata l'umanità durante sei mila anni nell'attesa e nella speranza, deve essere un'opera grandiosa, prodigiosa, degna di preparativi così stupefacenti. Quali e quante benedizioni non possiamo noi aspettare pel mondo, allorchè il velo del mistero sarà rimosso e che le ondate di benedizioni scenderanno? Egli è dietro a quel momento che "il inondo creato geme insieme e travaglia, aspettando la manifestazione de' figliuoli di Dio" "la progenie promessa" nella quale tutti saranno benedetti (Rom. VIII, 19, 21, 22). |
Cristo
per me trafitto in sul Calvario,
A te
rifuggo, a te solo santuario: Da
fascino divino rapito e soggiogato, l'abbagliante
splendore, Veggo
l'opra continua della sua acuta spada, tremenda e scintillante. Ne'
troni vacillanti, maledetti, perversi, la Sua sentenza
leggo. Del
Leon di Giuda l'impero avranno i Santi senza limite alcuno. Rinfrancati,
rincorati, esulta anima mia! Il Gran Re, che sostiene |
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